“Recupero e ricollocazione industriale delle acque di Vegetazione e delle sanse della filiera olearia Regionale”
Il Progetto RECOVER “Recupero e ricollocazione industriale delle acque di Vegetazione e delle sanse della filiera olearia Regionale” è finanziato con Fondi PO FESR Campania 2014-2020 nell’ambito dell’intervento “Progetti Trasferimento Tecnologico e di prima Industrializzazione per le imprese innovative ad alto potenziale per la lotta alle patologie oncologiche – Campania Terra del Buono”.
Il progetto, intende sviluppare e industrializzare un impianto innovativo a fluidi supercritici per il recupero di prodotti di interesse industriale dagli scarti della filiera olearia e allo stesso tempo si pone l’obiettivo di abbattere il loro potenziale inquinante. La presenza capillare di oleifici e l’impossibilità di smaltire le acque di vegetazione e le sanse nei tradizionali impianti di trattamento rifiuti, ha portato una continua valutazione di soluzioni possibili, nessuna delle quali si è rivelata soddisfacente nel risolvere questa problematica territoriale.
Le conseguenze sono state deleterie per l’ambiente ed in particolare per il settore agroalimentare, che ha visto la progressiva ed inesorabile contaminazione di terreni agricoli. L’innovazione è la chiave per affrontare definitivamente questo problema, e la nostra proposta va ad intercettare quella che è una necessità imprescindibile per l’intera filiera olearia, ed insieme soddisfare la crescente richiesta di molecole farmacologicamente attive di origine vegetale che il comparto industriale salute e benessere sta impiegando con sempre maggior successo.
IL COMPARTO OLIVICOLO
Approssimativamente, circa 900 milioni di ulivi coprono oltre 10 milioni di ettari di terreno in tutto il mondo,
il 98% dei quali si trova nel bacino del Mediterraneo. Ogni ulivo produce dai 15 ai 45 kg circa di olive in un anno, in base a diversi fattori ambientali, come ad esempio il clima.
L’ulivo appartiene alla famiglia delle Oleacea, comincia a fruttificare verso il terzo o quarto anno di vita, mentre inizia la piena produttività verso il decimo anno, raggiungendo la maturità invece intorno al cinquantesimo anno. Si tratta di una pianta sempreverde, la cui attività è pressoché continua, con attenuazione nel periodo invernale. Il prodotto principale, ricavato dalle olive è l’olio extravergine (OEVO).
Secondo i dati del consiglio oleico internazionale, vengono prodotti circa tre milioni di tonnellate di olio di oliva all’anno dalle olive raccolte, pertanto l’olio di oliva risulta essere il prodotto per eccellenza ricavato dalle olive e uno degli oli alimentari maggiormente utilizzato. I maggiori produttori di olio di oliva nel mondo sono la Spagna, l’Italia, la Grecia e il Portogallo. L’olio di oliva ha, infatti, ottime proprietà nutrizionali. Studi scientifici hanno evidenziato che un uso ragionevole di olio di oliva è associato a una minore incidenza di diverse patologie come l’aterosclerosi, malattie cardiovascolari e patologie neurodegenerative.
Nell’area Mediterranea, l’Italia rappresenta il punto centrale della produzione olivicola grazie della sua storia e delle sue favorevoli condizioni ambientali. Per questo viene considerata come un laboratorio all’aperto che studia le ultime e più avanzate tecnologie di supporto all’attività sia per il paese che per il resto del mondo, oltre che allo sviluppo di pratiche e tecniche di produzione olivicola.
L’olio extravergine di oliva (OEVO), estratto da olive fresche e sane (Olea europea L.), opportunamente trattate e conservate a basse temperature, è il prodotto che presenta le migliori caratteristiche, un aroma unico e un’elevata stabilità ossidativa. La normativa europea (Regolamento CEE n. 2568/91 e successivi aggiornamenti) ha fissato degli standard qualitativi minimi che l’olio di oliva deve presentare per essere commercializzato con la dicitura “Olio Extra Vergine“. Deve essere ottenuto tramite estrazione con soli metodi meccanici a freddo, ossia a temperature controllate inferiori per legge a 28˚C. Inoltre l’acidità di un olio extravergine non deve mai superare lo 0,8%.
La popolarità dell’olio di oliva è attribuita in particolar modo ai composti fenolici che lo caratterizzano e alla presenza dell’acido oleico, che possono rispettivamente influenzare il profilo dei lipidi plasmatici e di lipoproteine, agendo quindi come antiossidanti naturali. Oltre alle capacità antiossidanti, i composti fenolici presentano ulteriori proprietà, in particolar modo essi possono presentare proprietà anti-infiammatorie, anti-proliferative e anti-aterogeniche.
La produzione italiana di olio ad oggi è affidata a quasi 6.000 impianti oleari che producono mediamente 550 mila tonnellate di olio l’anno. Questi impianti di trasformazione sono concentrati per il 60% nelle regioni meridionali dove si verifica l’80% della produzione di olio vergine nazionale. Le dimensioni medie degli impianti sono infatti più contenute nel centro-nord dove comunque il numero degli impianti attivi è in crescita. Naturalmente è nelle regioni meridionali a vocazione olivicola che si trovano gli impianti di maggiore capacità lavorativa intesa come produzione maggiore di 10 t di olio in una giornata lavorativa media di 8 ore.
Tuttavia, l’industria oleica coinvolta nell’estrazione dell’olio di oliva, genera grandi quantità di sottoprodotti, come le acque di vegetazione e le sanse, il cui smaltimento è difficile e costoso. Tali sottoprodotti sono, infatti, dannosi per l’ambiente, perché presentano effetti negativi sulla popolazione microbica del suolo, sugli ecosistemi acquatici e l’aria, attraverso l’emissione di anidride solforosa (SO2) e la presenza di fenoli. Tuttavia, la presenza di grandi concentrazioni di composti fenolici in tali rifiuti, ha stimolato studi per la determinazione sia qualitativa sia quantitativa del profilo fenolico, e la messa a punto di strategie di recupero di tali composti dai rifiuti prodotti.
LA PROBLEMATICA
L’oliva e l’olio rappresentano solamente una minima parte della biomassa prodotta nell’ambito della filiera olivicola-olearia. In termini di peso, l’oliva risulta pari ai residui di potatura, mentre l’olio arriva al massimo al 20% circa del peso delle olive. La restante biomassa può essere considerata un residuo di lavorazione. Nel caso in cui tale residuo venga riutilizzato, si classifica a sua volta come sottoprodotto, altrimenti si definisce più semplicemente rifiuto o refluo se il suo stato di aggregazione è liquido. Comunque sia la biomassa, essa deve essere trattata o smaltita secondo regole precise.
Essendo la lavorazione delle olive concentrata in particolar modo nei mesi di novembre e dicembre, e in rari casi anche a gennaio e febbraio, si viene a determinare un rilevante impatto sull’ambiente circostante. I problemi legati allo smaltimento di reflui e residui di lavorazione non sono determinati più di tanto dalla loro natura, ma piuttosto dal fatto di essere prodotti in grandi quantitativi in un arco di tempo limitato.
I residui di potatura dell’olivo appartengono ai residui di campo, essi rappresentano una risorsa di biomassa non trascurabile. Mediamente da una pianta adulta vengono asportati dai 10 ai 30 kg di materiale vegetale all’anno a seconda della struttura e dimensione degli alberi. Il periodo in cui i residui si rendono disponibili va da gennaio ad aprile e gli interventi sono praticati, in base alla varietà, ai fattori edafici e climatici e al livello di specializzazione dell’impianto, da una volta all’anno ad una ogni 3-4 anni. Solitamente una parte dei residui viene utilizzato nel centro aziendale stesso o venduto. Ciò che viene scartato è smaltito con pratiche agronomiche, che consistono nell’interramento del materiale, che diventa substrato per microrganismi decompositori. Questo tipo di pratica va comunque attentamente valutata dal momento che può generare effetti collaterali di notevole importanza, come ad esempio lo sviluppo di parassiti.
Le acque di vegetazione costituiscono invece il reflui risultante dal processo di estrazione dell’olio. Rappresentano il principale sottoprodotto della lavorazione delle olive. In generale assumono caratteristiche diverse a seconda che siano originate da un’estrazione per pressione, per centrifugazione o da un impianto a risparmio d’acqua. Rispetto al peso delle olive lavorate, nel caso di un’estrazione per pressione, le acque di vegetazione sono mediamente costituite dal 5% di acqua di lavaggio, dal 40-50% di acqua di costituzione delle olive; questo valore oscilla in relazione al tipo di cultivar, e infine dal 5-10% di acqua di lavaggio finale. Nel caso di estrazione mediante centrifuga, si ha un aumento della quantità di acqua impiegata, poiché è necessario fluidificare la pasta in fase di estrazione per agevolare la fuoriuscita dell’olio.
Si ottiene in questo modo una quantità di acque di vegetazione pari circa all’80-110% della massa delle olive lavorate. Nei nuovi impianti centrifughi, a risparmio d’acqua, si aggiungono modeste quantità di acqua (10-20%), ottenendo minori quantitativi di acque di vegetazione, che si avvicinano al 33% della massa delle olive lavorate. Le acque di vegetazione, pur non contenendo sostanze tossiche, sono da considerarsi comunque un prodotto altamente inquinante, a causa sia dell’elevato carico di sostanze organiche che acquisiscono nel corso delle diverse operazioni di estrazione sia dei grandi volumi prodotti in un breve lasso di tempo. L’azione inquinante è da attribuire prevalentemente all’attività dei polifenoli, composti organici normalmente considerati di notevole importanza per il mantenimento della stabilità e della conservabilità dei prodotti alimentari. Tuttavia la loro attività biostatica, inibisce l’azione di diversi microrganismi atti alla degradazione anaerobica delle acque di vegetazione stesse. Inoltre le acque di vegetazione sono caratterizzate da alti valori di COD (chemical oxygen demand), che misura la quantità di ossigeno consumata dagli ioni presenti nel campione per ossidarsi e BOD (biological oxygen demand), che misura la quantità di ossigeno consumato dal campione per ossidare la sostanza organica presente.
Se rilasciate nei bacini idrici, le acque di vegetazione incrementano il numero di microrganismi che usano gli zuccheri come substrato di crescita e provoca un aumento del consumo di ossigeno. La presenza di grandi quantità di nutrienti fornisce inoltre un ottimo substrato di crescita per molti patogeni che possono compromettere l’ecosistema. Proprio per questi motivi, le acque di vegetazione sono state considerate per lungo tempo uno tra i reflui maggiormente inquinante nell’ambiante agro-alimentare. Tuttavia, sulla base di diversi studi, risulta che questi reflui, non sembrano possedere un’effettiva tossicità, ma possono provocare una serie di effetti indesiderati sulla funzionalità degli ecosistemi agricoli interessati al loro sversamento. Uno sversamento moderato di queste acque in terreni determina un arricchimento ed un incremento della frazione umica del terreno e un aumento di elementi minerali, in quanto ricche di potassio, azoto, fosforo e magnesio.
Le acque di vegetazione hanno un colore che va dal rosso al nero, a seconda del grado di degradazione dei componenti fenolici delle olive. L’aspetto è torbido, l’odore è quello caratteristico dell’olio di oliva. Il colore scuro è dovuto alla presenza di un pigmento di natura catecolmelaninica costituito da un polimero a diverso peso molecolare, che si forma dagli o-di-fenoli di cui il refluo è ricco. Il valore di pH può diminuire in seguito a processi fermentativi che avvengono naturalmente nelle acque stesse. In particolare il pH è determinato dal contenuto di una serie di acidi organici quali malico, citrico, succinico e ossalico.
Per le loro caratteristiche chimico-fisiche, le acque di vegetazione possiedono un elevato carico inquinante e la loro gestione deve essere pertanto attenta e responsabile.
LA SOLUZIONE PROPOSTA
Gli studi da noi condotti su matrici acquose e matrici solide contaminate dalle più diverse frazioni oleose, ci hanno fornito una mole tale di dati scientifici e di parametri tecnici da rendere realistica la progettazione ex-novo di un impianto a CO2 supercritica per il trattamento e la valorizzazione delle acque di vegetazione e delle sanse dell’industria olearia. Tale impianto ha lo scopo di abbattere la pericolosità per l’ambiente delle acque di vegetazione e delle sanse dell’industria olearia e nel contempo di recuperare molecole di interesse economico per l’industria farmaceutica, cosmetica e nutraceutica. Intendiamo ridurre sensibilmente i valori di COD e BOD nelle acque di vegetazione e recuperare i polifenoli presenti, che hanno un’azione negativa sui terreni agricoli, ma presentano acclarate proprietà antiossidanti se assunti regolarmente nell’alimentazione umana. Il nostro impianto sarà fornito di un programma avanzato e specifico per il controllo ottimale del processo, capace di gestire tutto il sistema di sensori e di adattare ogni fase di lavoro alle informazioni raccolte, mantenendo i valori output qualitativi e quantitativi elevati e conformi alle specifiche stabilite.
La presenza capillare di oleifici e l’impossibilità di smaltire le acque di vegetazione e le sanse nei tradizionali impianti di trattamento rifiuti, ha portato una continua valutazione di soluzioni possibili, nessuna delle quali si è rivelata soddisfacente nel risolvere questa problematica territoriale. Le conseguenze sono state deleterie per l’ambiente ed in particolare per il settore agroalimentare, che ha visto la progressiva ed inesorabile contaminazione di terreni agricoli. L’innovazione è la chiave per affrontare definitivamente questo problema, e la nostra proposta va ad intercettare quella che è una necessità imprescindibile per l’intera filiera olearia, ed insieme soddisfare la crescente richiesta di molecole farmacologicamente attive di origine vegetale che il comparto industriale salute e benessere sta impiegando con sempre maggior successo. Inoltre il crescente interesse del settore agroalimentare per i prodotti classificati come cibi funzionali o nutraceutici si sposa perfettamente alla capacità estrattiva del nostro impianto, capace di isolare i polifenoli presenti e ricavarli in quantità commercialmente apprezzabili senza in alcun modo danneggiarne la qualità. Il nostro impianto è infatti progettato per operare senza alcun solvente nocivo per l’ambiente e per le persone tramite l’impiego di CO2 allo stato supercritico, evitando quindi ogni inquinamento ulteriore, e permette di estrarre molecole di interesse biologico da matrici solide e liquide, con potere estrattivo pari ad i migliori solventi.