FONDAMENTI SCIENTIFICI
Estrazione con i fluidi supercritici
Ogni sostanza pura assume uno stato di aggregazione specifico, cioè solido, liquido o gassoso, a seconda delle condizioni di temperatura e pressione in cui si trova. Il diagramma di stato di una sostanza (Figura 1) permette di conoscere lo stato fisico in cui si trova la sostanza stessa per ogni coppia di valori di pressione e temperatura.
Sulla linea di equilibrio che parte dal punto triplo, ove coesistono le tre fasi, e arriva al punto critico, si ha una fase gassosa in equilibrio con una fase liquida, distinguibili tra loro anche per la differenza di densità. Man mano che si percorre la linea bifasica liquido-vapore e ci si avvicina al punto critico la differenza di densità tra le due fasi diminuisce notevolmente ed al punto critico le due fasi hanno la stessa densità e non sono più distinguibili tra loro. Per pressioni maggiori della pressione critica (Pc) e temperature maggiori della temperatura critica (Tc) si ha un unico fluido opaco, omogeneo e lattiginoso: il fluido supercritico. Si definisce, dunque, fluido supercritico, una sostanza o una miscela in condizioni di temperatura e di pressione superiori a quelle relative al suo punto critico. I valori di Tc e Pc sono specifici per ogni sostanza.
I tradizionali metodi di estrazione utilizzati per ottenere gli ingredienti che possono essere utilizzati in prodotti nutraceutici e cosmeceutici presentano diversi svantaggi: sono lunghi, laboriosi, hanno bassa selettività e/o bassi rendimenti di estrazione. Inoltre, queste tecniche tradizionali impiegano grandi quantità di solventi tossici. Attualmente, tra i metodi di estrazione più promettenti in grado di superare gli inconvenienti sopra menzionati sono l’estrazione con fluidi supercritici (SFE) e l’estrazione con acqua subcritica (SWE). Queste tecniche di estrazione forniscono selettività più elevate, tempi di estrazione più brevi e non utilizzano solventi organici tossici.
Quando un fluido viene portato a una pressione e una temperatura superiori al suo punto critico, diventa un fluido supercritico. A causa delle sue proprietà fisico-chimiche, SFE offre diversi vantaggi operativi rispetto ai metodi di estrazione tradizionali. La bassa viscosità e la diffusività relativamente elevata dei fluidi supercritici consentono un trasporto migliori dei liquidi, una diffusione facilitata attraverso i materiali solidi e migliori rese di estrazione.
Una delle principali caratteristiche di un fluido supercritico è la possibilità di modificare la densità del fluido cambiando la sua pressione e/o la sua temperatura. Poiché la densità è direttamente correlata alla solubilità, alterando la pressione di estrazione, è possibile modificare il capacita solvente del fluido.
Fluido Super Critico
Il fluido supercritico ha caratteristiche intermedie tra quelle di un gas e quelle di un liquido ed infatti, come un liquido, ha elevata densità e bassa comprimibilità, mentre la sua elevata diffusività e bassa viscosità sono quelle tipiche dei gas. Il fluido supercritico comunemente impiegato è costituito da anidride carbonica (CO2). Il diagramma di stato del biossido di carbonio visualizza le varie fasi (solido, liquido, vapore) in funzione della pressione e della temperatura. Il biossido di carbonio, alla temperatura di 31,1°C e pressione di 73,8 bar, si trova nello stato supercritico, in cui non c’è distinzione fra fase vapore e fase liquida (v. sequenza fotografica seguente).
I VANTAGGI
Il vantaggio di questa tecnica è che alla fine dell’estrazione il solvente, il biossido di carbonio, viene allontanato sotto forma di gas, dando la possibilità di recuperare i composti estratti concentrati. Nei processi industriali, la CO2 può essere riciclata minimizzandone il consumo. Questa tecnica trova numerose applicazioni quali ad esempio, l’estrazione di olio da semi, della caffeina dal caffè, della nicotina dal tabacco etc., ed è particolarmente conveniente a livello industriale.
Caratteristiche della CO2 allo stato supercritico | Vantaggi derivati dalle specifiche caratteristiche |
Inodore, non tossica | Non contamina il materiale o l’ambiente di lavoro |
Gas presente nell’atmosfera e nei processi biologici che non lascia tracce e non contamina | Consente valorizzazione dei prodotti di scarto come materia prima derivata o come altro prodotto |
La temperatura critica e di processo è prossima a quella ambiente | Possibilità di ottenere estratti termolabili senza alterazioni |
Conserva l’elevata permeabilità alla materia di un gas | Il tempo di estrazione è più breve di quello richiesto dall’estrazione con il comune solvente |
Le variazioni delle condizioni di pressione e temperatura possono cambiare le proprietà solventi | Elevata efficienza estrattiva e alta qualità del prodotto |
Poco costosa, non brucia, non presenta i rischi connessi all’impiego di solventi organici | Facilità d’impiego |
Riciclaggio industriale semplice sia come materiale di consumo in altri processi (es. fotosintesi) e/o per lo stesso processo | Risparmi nei costi di solvente ed energetici, i processi di ricircolo della CO2 applicati al processo industriale non alterano gli equilibri ambientali |
Sviluppa in fase di depressurizzazione una notevole espansione (circa 600 volte rispetto al volume della miscela supercritica) | La rimozione dell’estratto dalla matrice è completa, avviene in un’unica fase industriale molto rapida e non soggetta a surriscaldamento come in altre tecnologie. Ottimizzazione dei tempi di lavorazione. |
Satura completamente la camera di estrazione | Inibizione dei processi ossidativi |
Flessibilità per l’impiego in diverse condizioni operative nei processi industriali di trasformazione per effetto delle sue caratteristiche chimico-fisiche | Impiego in processi di estrazione, frazionamento, polimerizzazione e micronizzazione, pastorizzazione, purificazione, reazioni di sintesi ecc. |
I POLIFENOLI
I polifenoli costituiscono una famiglia di circa 5000 molecole organiche naturali, seminaturali o sintetiche largamente presenti nel regno vegetale. Sono caratterizzati, dalla presenza di molteplici gruppi fenolici associati in strutture più o meno complesse generalmente di alto peso molecolare. I polifenoli sono antiossidanti naturali. Possono risultare utili nella prevenzione dell’ossidazione delle lipoproteine, inoltre interagiscono con i radicali liberi, eliminandoli. Nell’uomo si è osservato che i composti fenolici sono anche coinvolti in processi di prevenzione di differenti patologie: come patologie cardiovascolari, malattie legate alla senescenza e di arresto della crescita tumorale. La sottofamiglia di fenoli idrofili maggiormente attiva a livello biologico è quella dei secoridoidi. Ormai sono numerosi gli studi su alcune delle molecole che compongono questa sottofamiglia, in particolare, oleuropeina, idrossitirosolo e derivati. L’oleuropeina aglicone, ad esempio, è molto attiva nell’inibire l’aggregazione piastrinica nel sangue. Inoltre proprio i secoridoidi mostrano un effetto, anche a basso dosaggio, nella protezione dall’ossidazione delle lipoproteine. Come pure riducono i danni ossidativi a carico degli eritrociti, suggerendo un effetto antitrombotico e preventivo contro l’arteriosclerosi. Se non bastasse l’oleuropeina aglicone, per alcune forme di cancro, riduce la proliferazione delle cellule tumorali.
Un problema associato all’assunzione dei polifenoli con la dieta è la loro bassa biodisponibilità. In particolare essi sono presenti nei fluidi corporei non in forma nativa, ma sotto forma di metaboliti (solfati, metilati, glucuronati) a seguito di estensiva metabolizzazione nell’intestino e nel fegato.
Molti cibi ricchi di polifenoli sono oggetto infatti di un gran numero di processi prima di un eventuale consumo, questi processi hanno come scopo lo stoccaggio, la cottura o la conservazione del cibo. Molti dei trattamenti messi in atto portano ad una sostanziale perdita di polifenoli o a una conversione tra forme fenoliche. Pertanto, vista la loro accertata attività antiossidante, i polifenoli presenti nella sansa, potrebbero rappresentare un’importante fonte di antiossidanti naturali, in funzione anche delle elevate concentrazioni, che sarebbero di circa 100 volte superiori a quelle dei polifenoli presenti nell’olio EVO. I composti fenolici che sono stati individuati in campioni di sansa analizzati mediante HPLC, appartengono in particolar modo agli alcol fenolici, ai flavonoidi e secoiridoidi.
Questi composti appartengono ad una famiglia assai variegata e diversificata. Innanzitutto bisognerebbe distinguere tra fenoli lipofili, i tocoferoli, e quelli idrofili. Quelli idrofili, appartengono esclusivamente all’olio extra vergine d’oliva e di conseguenza sono abbondanti anche nelle sanse. Nell’oliva se ne possono distinguere ben 7 diverse sottofamiglie: antocianine, flavonoidi, falvoni, acidi fenolici, alcoli fenolici, secoridoidi e acidi idrossicianimidici. Ciascuna delle sottofamiglie citate si distingue dalle altre per composizione chimica e reattività, oltre che, presumibilmente, per caratteristiche organolettiche apportate.
La drupa dell’oliva contiene alte concentrazioni di fenil-alcoli quali 3,4-Diidrossifenil-etanolo (3,4-DHPEA) e p-idrossifenil-etanolo (p-HPEA). Per quanto concerne i flavonoidi nel frutto, sono stati rivenuti flavonoidi glucosidici quali luteina-7-glucoside e rutina; la drupa è pure ricca di antociani come cianidina e delfinidina glucoside.
I secoridoidi più abbondanti sono: l’oleuropeina, demetiloleuropeina e vebascoside, un derivato dell’acido idrossicinnamico. Gli acidi-fenolici presenti nella sansa di olive, derivano dall’acido benzoico e cinnamico. A questa classe di composti appartengono l’acido caffeico, vanillico, siringico, p- cumarico, o-cumarico, protocatechico, sinapico e p-idrossibenzoico.